Giorno 3 - Giornata
forzata a Shanzu
Venerdì
30 luglio:
Mattinata all’insegna della crocodile
holiday ovvero ‘vacanza del coccodrillo’, come la chiamano i beach
boys, ovvero sole, sdraio e piscina, con però una nuova capatina ad
osservare ancora i fondali scoperti dalla bassa marea. Ci accordiamo con
Christopher per uno
snorkeling con il
suo catamarano per 5 $ a testa ed alle 11:00 in punto siamo sulla sua
imbarcazione. Beh imbarcazione è un parolone.. trattasi di un insieme di legni
legati assieme e pure tanto di vele-lenzuoli, il tutto a dare un’idea di come
potrebbe essere un catamarano.. ma dai.. siamo in Africa!! Si inizia a fare snorkeling!!
Franco ed Elena da bravi sub hanno le loro maschere e boccaglio mentre io e lo
Ste prendiamo quel che capita. Quel che capita a me è uno schifo di maschera
larga che continuava a calarmi dagli occhi facendomi entrare acqua.
Dopo che la Elena pazientemente me la
stringe (Ste e Franco erano già in piena osservazione subacquea) inizio allora
a bere dal boccaglio.. è troppo largo non riesco a metterlo bene in bocca..
uffi.. Dopo numerosi tentativi falliti anche a causa delle forti correnti anche
Elena si stufa di starmi appresso così io passo un quarto d’ora buono
attaccata ad una boa arancione ad osservarne le formazioni alghifere
verde-violacee, mentre gli altri vedono pesci vari tra cui anche un pesce palla
ed una murena e Christopher se la ride di me!!
Abbattuta e sconsolata non mi fa
stare meglio neppure vedere la Elena con le nausee da mal di mare al ritorno
dallo snorkeling.. che tristezza.. forse mangiare qualche cosa mi farà
passare il malumore..
Ci salutiamo con Christoper con
l’accordo di ritrovarci nel pomeriggio quando ci porterà a vedere il vero
Shanzu Village e non quello turistico che si trova sulla strada prima di entrare
nell’area dell’ASC.
Alle 15:00 ritrovo sulla spiaggia con Cristopher e Francisco. Iniziamo a camminare sulla sabbia ed attraversiamo altri complessi turistici vicino al nostro fino a sbucare allo Shanzu ‘turistico’. Dopo un po’ che camminiamo arriviamo da un gruppo di ragazzi con le bici e con il sellino posteriore imbottito.. Dalle contrattazioni tra loro e Christoper capiamo che saranno il nostro mezzo di trasporto fino al villaggio di Shanzu. Timidamente saliamo (il mio autista era molto mingherlino.. poveretto!) e vai... in ordinata fila indiana ci portano per circa 1 km e ci fanno scendere vicino ad una strada che si inoltra all’interno del villaggio. Qui i primi bambini iniziano a fare capolino: turisti bianchi = caramelle!..
Apriamo un capitolo sui
bimbi: noi avevamo portato da casa blocchi, penne, giochini per loro.. ma al
villaggio non siamo riusciti a distribuire nulla! Ogni volta che mettevamo mano
allo zaino i piccoli ci venivano incontro con le manine tese speranzosi. Ed
erano taanti!. Come caramelle io avevo un pacco di dietorelle (non
ironizzate.. io le avevo prese perché senza zucchero e anti-carie e non perché
i destinatari fossero in soprappeso!!) letteralmente evaporate in pochi minuti.
Panico! I nostri accompagnatori ci vengono in aiuto acquistando due pacchi di
caramellone appiccicose che vengono consegnati a me ed Elena. Riescono pure ad
allinearci i bimbi in fila indiana cosicché noi potessimo iniziare con la
distribuzione.. La fila ha resistito 20 secondi dopo di che avevamo l’ammasso
di bimbi addosso…. Da qui fino alla fine del giro è stato tutto un
rincorrerci, i grandicelli più furbetti che si mettevano le caramelle in tasca
e ne chiedevano altre e i più piccoli che le tenevano strette in mano attenti a
non farsele rubare.. Ad un certo punto Christopher vedendomi impacciata, che non
mi ricordavo più a chi le avevo distribuite e a chi no, mi ha tolto il
sacchetto dalla mano e ha iniziato a distribuirle lui, dando delle scudisciate
con uno straccio ai più sfacciati. Elena invece correva di casa in casa
consegnandole a chi non ne aveva ricevute sempre con il drappello di bimbi che
le trottava dietro con le mani tese..
A parte queste scene il villaggio ci
è sembrato sì sporco e disordinato, ma comunque a modo suo organizzato in
quanto la gente si dava da fare e faceva dei piccoli lavoretti o aveva le
gallinelle e le capre che pascolavano fuori dalle case. Ogni tanto qualche
cumulo di sporcizia e qualche gatto che lo sovrastava probabilmente a caccia di
roditori. C’era anche chi si era organizzato con un banchetto di frutta ben
disposta, in una piazzetta c’era gente che ‘pregava’: musica altissima con
canti e balli.
Ci dicono che in questo villaggio
vivono 15.000 persone e ci sono ben 20 scuole di cui una per gli orfani;
comunque sono troppe, aggiungono. Qui muore 1 bimbo ogni settimana e non per
malaria, come pensiamo subito noi, ma per infezioni comuni. Normalmente mangiano
riso e manioca (una specie di patata dolce) carne e latte di capra. L’acqua si
compera, guai bere quella che si trova non confezionata!! Verso la fine della
nostra passeggiata ‘turistica’ vediamo ai bordi del villaggio delle belle
case bianche con terrazzini e recinzioni di filo spinato. Ovviamente ci dicono
sono abitate da bianchi e che costano 90.000 US$. Ritorniamo così al nostro
complesso. Ennesima contrattazione per la mancia e salutiamo i nostri
accompagnatori. Passiamo la serata post cena a cercare dove, secondo programma
appeso nella hall, dovrebbero proiettare delle diapositive tedesche sui
safari. Nell’affannosa ricerca di questo luogo ci infiliamo pure in una parte
di villaggio chiusa ai turisti perché in ristrutturazione, ma neanche lì troviamo le tanto agognate diapo-safaro-tedesche. Mesti ci
andiamo a fare una birra e nanne presto.